Storia

LA MEFITE

Circa due miglia lontano da Rocca San Felice, a settentrione, in una grande valle, c'è un meraviglioso bacino di acqua nerastra denominato Mefite, che continuamente ribolle ed emana un odore così pestilenziale di gas idrogeno solforato da produrre la morte a non pochi uomini ed animali che inavvertitamente vi si avvicinano. Questo bacino, secondo la diversa etimologia latina, viene detto Amsanctus, Anxanctus, o meglio Ampsanctus, e Servio lo indica come Ab omni parte sanctus, perché gli antichi lo credevano la porta dell'Inferno. Alcuni fenomeni naturali, ma straordinari, difatti, erano considerati come eventi prodigiosi, che lasciavano sbalorditi non conoscendone le ragioni.

Lo sbalordimento produsse molto timore, che alimentò la superstizione, la quale a sua volta ingenerò la credenza che quel luogo era la porta, l'antro, lo spiraglio, la strada di Acheronte e dell'Inferno! Per questo il luogo era ritenuto sacro agli dei infernali. In quell'epoca, difatti, gli uomini erano portati a personificare e divinizzare i vizi e le virtù. In quel recinto, ritenuto propizio, avevano anche l'usanza di far seppellire le loro spoglie mortali.

Questa credenza è confermata dall'esistenza di un antico tempio, situato su di un piccolo promontorio a Mezzogiorno del torrente che lo separa, dedicato a Giunone o Mefite, la quale era oggetto di molti sacrifici. Di questo tempio esistono tuttora molti ruderi con due grandi vasi di pietra che i pagani usavano per la purificazione, ed un'infinità di sepolcri, ricchi di idoletti, monete e diversi altri oggetti d'oro, di argento, di rame e di bellissime pietre corniole che formano il pregio di molti Musei dell'Italia e fuori.

Gli abitanti del posto, anche dopo la totale rovina della città e del tempio, non tralasciarono mai di venerare quel luogo tanto gradito alla loro superstizione, offrendo anche delle vittime alla Dea Mefite.

Della Mefite ne parla già Virgilio nel suo capolavoro:

«Vi è un luogo al centro dell'Italia circondato

da alte montagne, famoso e celebre in ogni posto:

la valle d'Ansanto...

Qui vengono mostrati un orribile speco

e gli speragli di Dite crudele.

e una vasta voragine,

dove si apre l'ingresso dell'Acheronte

che spalanca le faucu pestifere».

(Eneide,Canto VII, Versi 563-565).







ROCCA SAN FELICE

Prima di descrivere il famoso Santuario di Santa Felicita, è utile fornire un breve cenno sull'importanza storica di Rocca San Felice, un piccolo paese dell'Alta Irpinia (Avellino), nel cui territorio il Santuario è ubicato.

Una solida roccaforte, edificata sulla sommità di una rupe che assomiglia ad una piramide, situata in un'ampia valle a poco meno di tre chilometri da S. Angelo dei Lombardi, determinò lo sviluppo del centro urbano che oggi si chiama Rocca San Felice.

Attualmente Rocca San Felice è abitata da poco meno di mille persone e si estende ai piedi della rocca, di cui sono rimaste le antiche mura ed una torre.

Qui, nel 1050, pare si sia rifugiato il Papa San Leone IX, quando, perseguitato dai Normanni che saccheggiavano l'Italia, dovette abbandonare di notte il villaggio detto Papaloia, presso Guardia Lombardi.

Secondo la tradizione, nel 1242 fu tenuto prigioniero nella roccaforte, e ivi morì, il figlio di Federico II, Arrigo di Svezia punito per essersi ribellato al padre.





SAN FELICE DA NOLA

San Felice da Nola visse all'inizio del quarto secolo dopo Cristo. Fervente cristiano e sacerdote, subì vari supplizi durante la lunga persecuzione degli imperatori Diocleziano e Massimiliano, ma, per volontà divina, rimase sempre illeso. Quando Costantino il Grande si convertì al Cristianesimo proclamandolo religione di Stato, i fedeli acquistarono, finalmente, la libertà di praticare i loro culti. Fu così che Felice poté abbandonare il luogo in cui si nascondeva e andare in giro per l'Italia a evangelizzare le famiglie rimaste ancora pagane.

Secondo la testimonianza di San Paolino che ne scrisse la vita, Felice operò numerose conversioni, soprattutto nell'Italia meridionale, sempre accompagnate da straordinari prodigi.

Raggiunse tutti i luoghi possibili, città, pae-si, villaggi e tra questi anche l'antico centro denominato "Rocca", il quale, dal suo nome, prese l'appellativo di "San Felice" che mantiene tuttora.

San Felice convertì al cristianesimo tutti gli abitanti di Rocca e dei paesi limitrofi; poi, per confermarli nella vera fede e togliere loro qualsiasi tentazione o occasione di regredire all'adorazione dei falsi dei, volle sostituire il vecchio tempio pagano con una chiesa cristiana.





IL SANTUARIO

Con la collaborazione dei nuovi cristiani, San Felice edificò una chiesa, che dedicò a Dio Padre e a Santa Felicita con i sette figli Martiri, sulla collina dove sorgeva l'antica città di Eculano. Questo centro distava, precisamente, poco più di un chilometro e mezzo da Rocca S. Felice e circa duecento metri dal distrutto tempio pagano.

In realtà, l'intento di Felice era quello di santificare i giorni 9 e 10 luglio, durante i quali, precedentemente, la popolazione pagana era solita fare pellegrinaggi al tempio e offrire vittime alla dea Mefite.



Egli volle lasciare in ricordo a quei devoti neofiti una piccola statua della Santa, conservata a lungo e riprodotta, poi, in legno nel XVII secolo.

Esiste nel santuario anche un gran dipinto, probabilmente un rifacimento, sullo stile del V secolo, olio su tela, nel quale sono raffigurati tutti i sette giovani Martiri, distesi a terra in una pozza di sangue, uccisi in diversi modi secondo la storia, e la loro santa madre Felicita, genuflessa, mentre il tiranno sta per colpirla con la scure, affrettandole il momento di ricevere la palma del martirio.





IL CULTO

Fin da quando fu edificata la nuova chiesa, nei giorni 8, 9 e 10 luglio di ogni anno, folle di persone accorrono fiduciose da paesi e province limitrofi. Anticamente i fedeli vi si recavano per venerare questi Santi Martiri di Cristo e per chiedere grazie e favori. Tutti sperimentavano quanto fosse potente presso Dio la loro intercessione e chi vi partecipava con viva fede, tornava a casa con l'animo pieno di spiritualità e di devozione per i numerosi prodigi a cui aveva assistito.

Intorno al XVIII secolo, i cittadini di Rocca San Felice, in segno di gratitudine, fecero scolpire una nuova statua di Santa Felicita, che appare tuttora di un'espressività straordinaria e ispira sentimenti di intensa religiosità. Essa contiene, inoltre, la reliquia di due denti molari della Santa, racchiusi in un'apposita teca d'argento collocata sul petto.

Le numerose grazie che i devoti ottengono e i vari prodigi che ogni anno, particolarmente nei giorni 8, 9 e 10 luglio, si verificano in questo Santuario non sono mai stati registrati, né sono stati scritti i nomi dei devoti.

L'unica attestazione è rappresentata dagli ex voto e da altri oggetti-dono sospesi alle pareti della chiesa.

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